
L’Agenzia chiarisce i limiti applicativi del nuovo regime agevolato in caso di interruzione formale dell’impiego
Il “patto di sospensione” del rapporto di lavoro non preclude l’accesso al nuovo regime agevolato per i lavoratori impatriati previsto dal decreto legislativo n. 209/2023. È quanto chiarisce l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 142 del 2025. Nel caso esaminato, un lavoratore italiano distaccato all’estero per diversi anni ha sottoscritto un accordo con il datore di lavoro italiano per sospendere formalmente il rapporto, senza retribuzione né obblighi previdenziali, al fine di intraprendere un’attività professionale presso un altro soggetto estero. Al termine dell’esperienza, il contribuente prevede di rientrare in Italia nel 2026 per riprendere l’attività con la società originaria. Secondo l’Agenzia, il patto di sospensione non rappresenta una causa ostativa all’applicazione del regime, purché siano rispettati gli altri requisiti previsti: residenza fiscale all’estero per almeno tre anni (o sei/sette in caso di continuità con il gruppo imprenditoriale), possesso di titolo di studio qualificante, trasferimento della residenza in Italia e svolgimento dell’attività lavorativa in via prevalente sul territorio nazionale. L’Agenzia precisa, inoltre, che la verifica di eventuali rapporti di controllo tra le società coinvolte, così come l’accertamento della residenza fiscale o della qualifica professionale, sono elementi di fatto che non possono essere oggetto di interpello, ma restano soggetti alla successiva attività di controllo.
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