
Secondo la nota della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, ogni anno mancano 22mila ingegneri, 14mila economisti e 7mila laureati in ambito medico-sanitario
È tempo di scelte accademiche. In queste settimane migliaia di studenti italiani stanno decidendo quale facoltà universitaria intraprendere, una scelta che segnerà non solo i prossimi anni di studio ma anche il loro futuro professionale. Eppure, a fronte di un mercato del lavoro che richiede con urgenza figure tecniche e scientifiche, le immatricolazioni continuano a crescere soprattutto nei corsi con minori sbocchi occupazionali – come psicologia (+94% negli ultimi dieci anni), lettere e filosofia (+46%), scienze della formazione (+46%) e arte e design (+40%) – mentre restano insufficienti quelle in settori chiave come ingegneria, informatica ed economia. Ogni anno mancano oltre 22 mila laureati in ingegneria, 14 mila in ambito economico e 7 mila in quello medico-sanitario. Un divario che rischia di ampliarsi, mettendo in difficoltà le imprese nella ricerca di competenze adeguate. È quanto emerge dalla nota della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, “Formazione e lavoro: un gap destinato a crescere”, che analizza i dati occupazionali e scolastici tra il 2019 e il 2024 e ne proietta le criticità fino al 2029. “Va costruito un ponte solido tra scuola e lavoro, affinché ogni giovane possa accedere a percorsi di studi realmente in linea con le esigenze del mercato del lavoro” – ha dichiarato Rosario De Luca, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. “In molte aree del Paese, infatti, l’offerta formativa resta carente, soprattutto nei settori tecnico-scientifici, e non tutte le famiglie hanno la possibilità di sostenere costi importanti legati agli studi universitari fuori sede. È importante investire in un sistema formativo di prossimità e coerente con i fabbisogni occupazionali, in grado di valorizzare i talenti e accompagnarli verso opportunità concrete”, ha concluso.
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