Nella circolare n. 21/E/2023 le Entrate fanno anche il punto su qualificazione giuridica da attribuire all’istituto e differenze con la definizione agevolata
Dall’Agenzia delle Entrate un focus su campo di applicazione e oggetto della “rinuncia agevolata” alle liti tributarie pendenti al 1° gennaio 2023 in Cassazione, in cui è parte il Fisco e che hanno oggetto atti impositivi. Con la circolare n. 21/E del 26 luglio scorso – che segue quella del 27 gennaio e del 20 marzo 2023 –, l’Agenzia è tornata sulla misura prevista dall’art. 1, commi da 213 a 218, della legge di Bilancio come alternativa alla definizione agevolata delle liti. A tal proposito, nel documento di prassi viene specificato che l’atto impositivo non può essere oggetto di entrambe le definizioni. Tuttavia, nei casi in cui il giudizio pendente in Cassazione interessi più atti impositivi, invece, l’Erario ritiene ammissibile l’adesione del contribuente alla definizione automatica, con riferimento ad alcuni di essi, e la successiva definizione dell’intera pretesa residua mediante rinuncia agevolata. Restano fuori dal perimetro della misura le liti relative a sole sanzioni e quelle che riguardano il mancato riconoscimento di rimborsi. Per aderire – si legge nella circolare – occorre rinunciare al ricorso principale o incidentale dopo aver definito con la controparte tutte le pretese azionate in giudizio. La procedura, poi, prevede la firma di un accordo tra le parti e il pagamento – entro venti giorni dall’accordo stesso e nel rispetto del termine ultimo del 30 settembre 2023 – delle somme dovute per imposte, interessi ed eventuali accessori, con il beneficio della riduzione delle sanzioni a 1/18 del minimo previsto dalla legge. Per quanto riguarda la qualificazione giuridica da attribuire a tale istituto, la rinuncia agevolata si pone in continuità con l’accordo conciliativo agevolato esperibile dinanzi alle Corti di giustizia tributaria per cui la si può considerare assimilabile ad una conciliazione giudiziale. In base al comma 213 della legge di Bilancio, la definizione in esame – ha chiarito ancora l’Agenzia – interessa tutte le pretese azionate in giudizio. Dunque, resta esclusa la possibilità di effettuare un accordo avente ad oggetto solo una parte delle pretese contenute nell’atto impositivo impugnato.
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