
Il Garante della Privacy ha inflitto una sanzione di 50mila euro a un’azienda che monitorava i dipendenti
Il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti in smart working, in assenza di una valida base giuridica e di un’adeguata informativa. Lo rende noto il Garante della Privacy con la newsletter n.534 dell’8 maggio scorso, in cui precisa che è stata inflitta una sanzione di 50mila euro a un’azienda colpevole di aver monitorato la posizione geografica di circa cento lavoratori impegnati in modalità agile. L’intervento dell’Autorità è scaturito da un reclamo presentato da una dipendente e da una segnalazione dell’Ispettorato della Funzione Pubblica. Dall’istruttoria è emerso che l’azienda verificava l’esatta corrispondenza tra il luogo fisico in cui si trovavano i lavoratori e l’indirizzo indicato nell’accordo individuale di smart working, mediante specifiche procedure di controllo che prevedevano, l’attivazione della geolocalizzazione su pc o smartphone, la timbratura tramite app e l’invio immediato di un’e-mail con l’indicazione del luogo in cui si trovavano. Un sistema di sorveglianza che, secondo il Garante, ha violato i principi previsti dal Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR), oltre a rappresentare un’interferenza nella vita privata dei lavoratori. “Le diverse esigenze di controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza del lavoratore in smart working – sottolinea il Garante – non possono essere perseguite, a distanza, con strumenti tecnologici che, riducendo lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico, comportano un monitoraggio diretto dell’attività del dipendente non consentito dallo Statuto dei lavoratori e dal quadro costituzionale”.
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