
Nell’approfondimento della Fondazione Studi l'analisi della disciplina italiana che regola le retribuzioni e il confronto con altri cinque Paesi UE
I lavoratori italiani possono contare su un sistema retributivo garantista che prevede un livello di protezione economica tra i più completi e articolati nel panorama europeo. Il modello italiano è, infatti, fondato su una solida architettura di contrattazione collettiva e su istituti normativi consolidati, come la tredicesima e la quattordicesima mensilità e il Trattamento di fine rapporto, non previsti per legge negli altri sistemi retributivi europei. È il caso, ad esempio, di quelli vigenti in Francia, Germania, Romania, Spagna e Svezia. È quanto emerge dall’approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro dal titolo “Struttura della retribuzione e salario minimo: disciplina italiana e confronto con altri Stati comunitari” che mette a confronto la disciplina retributiva italiana con quella dei cinque Paesi europei citati. Oggetto dello studio sono stati i sei CCNL più applicati in Italia, cioè, utilizzati per la gestione di svariati milioni di lavoratori. Così come va sottolineata la copertura universale che ha la contrattazione collettiva nel nostro Paese. La comparazione non si limita al solo valore del salario minimo legale – spesso usato come unico indicatore – ma si estende all’intera struttura della retribuzione, includendo elementi indiretti e differiti, come indennità contrattuali, mensilità aggiuntive e Tfr. Il quadro che emerge dall’analisi della Fondazione Studi è chiaro: le “retribuzioni ultra-mensili e differite” (13^ e 14^ mensilità e Trattamento di fine rapporto) in Italia sono istituti contrattuali previsti per legge, o per CCNL, a differenza di quanto accade nei cinque Paesi messi a confronto. In sostanza, per realizzare una comparazione credibile è necessario osservare non solo i minimi retributivi orari, ma l’intera struttura della retribuzione. Infatti, soffermandosi esclusivamente sulla paga oraria non si rappresenta in modo veritiero quanto viene percepito effettivamente da un lavoratore. Dunque, anche in assenza di un salario minimo legale, il livello retributivo complessivo previsto dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro è già in linea o addirittura superiore alla retribuzione minima imposta per legge in altri Stati. Le osservazioni della Categoria sono state sollevate anche oggi pomeriggio in occasione dell'audizione presso la Commissione Lavoro del Senato sui DDL nn. 956, 957 e 1237 relativi alle disposizioni in materia di salario minimo.
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